Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio
Cala il sipario sulla 42^ edizione del Premio Boccaccio
Ieri, domenica 17 settembre, si è conclusa la 42^ edizione del Premio Letterario Giovanni Boccaccio, che anche quest'anno si è dimostrato un evento capace di evolversi e rinnovarsi, in grado di regalare al pubblico intense emozioni e momenti di profonda riflessione. Merito senza dubbio della qualità degli interventi dei protagonisti: relatori di grande eccellenza che hanno arricchito il dibattito insieme ai vincitori Stefania Battistini per il giornalismo, Georgi Gospodinov per la letteratura e Marco Paolini per l'etica della comunicazione.
“Le scelte che abbiamo fatto sono ispirate all'idea che non esistono confini, recinti che possono delimitare l'ambito del valore di una presenza culturale - commenta il presidente di giuria Walter Veltroni -. Quest'anno abbiamo compiuto una scelta civile, non solo culturale. Le due cose sono ovviamente legate, perché la cultura è il principale strumento attraverso il quale si manifesta la libertà degli esseri umani”.
La rassegna del 2023 è durata tre giorni, con tanti eventi che hanno coinvolto il borgo storico, tra Palazzo Pretorio, il Chiostro degli Agostiniani e la Casa di Boccaccio, e il Cinema Multisala Boccaccio. Si è parlato di guerra, di come questa viene raccontata e dei pericoli della propaganda, ma anche di come la letteratura possa rivelarsi un antidoto e una potente arma di resistenza.
Dopo le emozionanti premiazioni di venerdì e sabato sera, con la partecipazione dell'attrice Lucia Lavia che ha interpretato alcuni brani dei premiati, la domenica si è aperta con "La storia delle donne, le donne nella storia", iniziativa alla quale hanno partecipato lo scrittore Riccardo Nencini, le assessore dei Comuni di Certaldo e San Gimignano Clara Conforti e Carolina Taddei, la scrittrice Antonella Cilento, membro della giuria del Premio, e l'attrice Benedetta Giuntini. L'edizione di quest'anno è stata arricchita dalla Fiera Letteraria Fiammetta, una vera e propria fiera letteraria con stand di case editrici provenienti da tutta Italia e con libri di ogni genere per tutte le età.
"Quest'anno una delle premiate, Stefania Battistini, non ha potuto partecipare in presenza alla cerimonia di premiazione. Ma imparando dal Boccaccio, che dalla peste ha creato il Decameron, da un’assenza abbiamo cercato di creare una presenza ancora più forte - ha detto la presidente dell'Associazione Letteraria Giovanni Boccacio Simona Dei -. E lo abbiamo fatto con una splendida diretta, forse la più lunga che io abbia mai visto dal Donbass, il racconto di una donna coraggiosa. D'altronde le donne sono state al centro di questa edizione: la donna nella testimonianza sul Vajont di Paolini, la nonna di Gospodinov, che gli ha insegnato l'ironia e la tristezza, la giovane che ha vinto il Boccaccio Giovani e l’evento finale, dedicato alle donne. La sfida che lancio al Premio Boccaccio 2024 è che le bimbe e i bimbi si guardino con occhi veramente alla pari. Grazie a tutte le persone che hanno collaborato per la riuscita di questa edizione, all'anno prossimo!".
Il Premio Letterario Giovanni Boccaccio è stato organizzato dall’Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio, con il contributo del Comune di Certaldo, della Regione Toscana, del Consiglio Regionale, della Federighi Editori e la collaborazione del Centro Culturale Ichneutai.
Chi non è riuscito a partecipare, può rivedere gli interventi sul sito premioletterarioboccaccio.it.
Certaldo, lì 18 Settembre 2023
Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio
Premio Boccaccio, Lucia Lavia ospite d’eccezione nella serata di sabato 16 settembre
L’attrice, figlia di Gabrele Lavia e Monica Guerritore, leggerà alcuni brani tratti dalle opere vincitrici
Parte oggi, venerdì 15 settembre, la tre giorni della 42^ edizione del Premio Boccaccio, organizzato a Certaldo dall’Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio con il contributo del Comune di Certaldo, della Regione Toscana, del Rotary Club Valdelsa insieme al Distretto 2071, degli Amici del Boccaccio e di numerosi sponsor, imprenditori e associazioni (Confindustria) e istituti bancari (Banca Cambiano 1884 S.p.a., Chianti Banca, Banca Intesa S.p.a., Mediolanum). I vincitori che si sono aggiudicati i riconoscimenti sono lo scrittore bulgaro Georgi Gospodinov, la giornalista Stefania Battistini e il drammaturgo Marco Paolini, che saranno premiati in due serate d'eccezione.
Sabato 16 settembre sul palco del Teatro Boccaccio ci sarà anche l'attrice Lucia Lavia, che interpreterà alcuni brani tratti dalle opere vincitrici e una novella del Decameron, in omaggio a uno dei padri della lingua italiana, nonché illustre cittadino di Certaldo. La Lavia, figlia d'arte degli attori Gabriele Lavia e Monica Guerritore, ha debuttato a soli 13 anni e poi a 16 ha fatto la prima apparizione televisiva nella serie per Rai 1 "Rossella", diretta da Gianni Lepre. Nel 2019 vince la prestigiosa “Menzione d’Onore” del premio Eleonora Duse per il suo percorso artistico e per essersi distinta nel panorama teatrale italiano. Poco più tardi si aggiudica il “Premio della Stampa” come migliore attrice delle rappresentazioni classiche per la sua interpretazione di Dioniso nelle “Baccanti” di Euripide, diretta da Carlus Padrissa.
Alla cerimonia prenderà parte anche la giuria del Premio, presieduta da Walter Veltroni e rappresentata dalla direttrice de La Nazione Agnese Pini e da Antonella Cilento, Roberto De Ponti, Paolo Ermini, Marta Morazzoni, oltre che dalla presidente dell’Associazione letteraria Giovanni Boccaccio, Simona Dei.
La colonna sonora della serata è affidata alla musica di Gioia Anichini (flauto traverso) e Cosimo Gragnoli (vibrafono).
L'evento sarà in diretta streaming sul sito www.premioletterarioboccaccio.it
Certaldo, lì 15 Settembre 2023
Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio
CONOSCIAMO I VINCITORI: INTERVISTA ALLA GIORNALISTA STEFANIA BATTISTINI
Raccontare il conflitto e il quotidiano: quali differenze o analogie riscontra tra ieri e oggi?
Dal 24 febbraio 2022 stiamo assistendo in diretta alla prima invasione su larga scala dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Certamente è un tipo di guerra che pensavamo di aver dimenticato e ci siamo trovati in questi 19 mesi a coprire l'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, assistendo a violazioni continue e sistematiche del diritto umanitario. Le scene di tortura che abbiamo visto sui soldati ucraini non ci aspettavamo più di vederle.
Qual è la sfida più grande o più temuta per chi va al fronte per raccontare la guerra e la sofferenza di interi popoli?
La sfida più grande è rimanere lucidi, perché chiaramente si devono guardare in faccia realtà molto dolorose, inumane direi. Allo stesso tempo è importante riuscire a raccogliere le prove e le testimonianze, confrontarle e raccontare soltanto quelle verità che si è riusciti a documentare. Parlo di verità sapendo che filosoficamente è un concetto impossibile da raggiungere, ma il dovere del giornalista è quello di avvicinarsi quanto più possibile ai fatti e alle prove, trovando una coerenza interna rispetto agli elementi raccolti senza innamorarsi di un'idea, continuando a verificare anche le cose di cui si è più convinti.
Cosa l'ha segnata di più?
Quello che maggiormente ferisce di questa aggressione sicuramente è il tornare. Noi siamo tornati 12 volte in 19 mesi, sperando sempre di incontrare le persone con cui abbiamo condiviso un pezzo di strada e di trovarle vive. Le troviamo ogni volta sempre più stanche, sempre più affaticate, gli anziani sempre più malati, con una difficoltà enorme a far arrivare le medicine e ad organizzare gli ospedali. Quello che colpisce di più è la resistenza e la forza del popolo ucraino, da una parte, e il senso di impotenza rispetto a una situazione che non vede vie d'uscita in questo momento.
Qual è per una inviata di guerra il vero nemico da combattere?
Credo che siano due i nemici. Uno è saper gestire la paura, che è un'emozione importantissima perché ci mette in allarme e ci fa capire quando c'è una situazione di pericolo, aiutandoci a fare delle scelte. L'altro nemico è la propaganda, perché mai come oggi con i social siamo soggetti a una tempesta di informazioni e, quando sei sul terreno, è fondamentale verificarle.
Pensa che il suo lavoro sia cambiato con la diffusione dei social network?
I social sono un'opportunità e uno strumento perché ti consentono di avere una visione più ampia di quello che sta accadendo nei luoghi, grazie anche alle geolocalizzazioni. Poi però va tutto verificato. Secondo me il giornalismo è rimasto un mestiere antico e, come diceva Enzo Biagi, l'unico modo per farlo è andare, vedere coi propri occhi e poi raccontare. L'abbiamo fatto, per esempio, con Bucha. Noi siamo potuti entrare due giorni dopo la ritirata dei russi e quella mattina giravano sui social network delle immagini di un villaggio vicino: Motyzhyn. C'erano delle foto terribili di una fossa comune con all'interno una donna e due uomini. Noi abbiamo cercato di capire quale fosse esattamente il luogo, siamo andati a verificare personalmente, abbiamo capito che si trattava della sindaca che era stata rapita dai russi nei primi giorni dell'invasione ed è stata ritrovata cadavere, con il viso pieno di lividi.
Negli ultimi teatri di guerra, il rischio per i giornalisti purtroppo è aumentato. Secondo lei, questo fattore può portare ad una limitazione della capacità di testimonianza dei giornalisti, della loro capacità di movimento?
Il rischio c'è ovviamente. Sono tantissimi i giornalisti morti durante l'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, molti dei quali sono proprio ucraini. Si dice che i russi abbiano preso deliberatamente i giornalisti come target, ma non è dimostrabile in questo momento. Quello che è certo però è che, per esempio, Arman Soldin sia stato ucciso mentre stava coprendo Bakhmut e aveva la scritta chiara "press" sul giubbotto antiproiettile e sul casco. Stessa cosa per Frédéric Leclerc-Imhoff, che è stato ucciso mentre si trovava su un autobus umanitario con un'evidente croce sopra. Quello che si respira qui è una fortissima determinazione da parte dei giornalisti che scelgono di coprire il fronte e un grande senso di responsabilità collettiva. I civili non smettono mai di ringraziarci per essere gli occhi che portano la loro verità nei nostri Paesi.
Cosa non può mancare nella valigia di un'inviata che parte per la guerra?
Ci sono strumenti essenziali per coprire il fronte. Ovviamente il giubbotto antiproiettile, l'elmetto e il kit medico di primo soccorso. Oltre a questo, dobbiamo portare con noi i cosiddetti tourniquet, lacci emostatici che si attaccano al giubbotto antiproiettile in caso si venga colpiti da schegge di missili o di razzi. Non puoi oltrepassare la linea del fronte e i checkpoint senza questi strumenti. Poi servono gli oggetti più specifici del lavoro, come tante power bank e il telefono satellitare.
Certaldo, lì 14 Settembre 2023
Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio
CONOSCIAMO I VINCITORI: INTERVISTA ALL'ATTORE, AUTORE E REGISTA MARCO PAOLINI
Sessanta anni fa la tragedia che portò alla morte di 1917 persone tra Erto, Casso e la valle del Piave, in particolare a Longarone. Trenta anni dopo proprio lo spettacolo che rese conosciuta a milioni di italiani quella frana. Oggi come si può continuare a tramandare la memoria di quei fatti?Rievocare il Vajont oggi è anche un monito sul cambiamento climatico a cui stiamo assistendo?
Rievocare non basta, trent’anni fa forse serviva ancora, oggi non possiamo affidarci alla “massima hystoria magistra vitae“. Raccontare oggi una storia come quella del Vajont rappresenta una sfida, va attualizzata o si può lasciare com’era confidando nel valore universale della tragedia?
Ho ripreso il racconto dieci mesi fa e facendolo ho trovato una risposta. Trent’anni fa quella storia serviva a riparare ad un torto collettivo che rimuoveva le colpe e associava il Vajont a catastrofe naturale, un torto radicato nella memoria collettiva. Oggi le cose sono cambiate e, a parte pochi irriducibili negazionisti, l’idea comune del Vajont è quella di un disastro provocato, un disastro industriale.
Per me oggi raccontarlo ancora significa mettere l’accento sugli errori più che sulle colpe, sui segnali inascoltati, sulla sottovalutazione dei rischi. Chi ascolta il racconto oggi non pensa alle vittime di sessant’anni fa, ma ai rischi connessi al cambiamento climatico e alla fragilità del nostro territorio. Questa storia parla di noi, di oggi, non serve attualizzarla né enfatizzarla. Se fosse possibile dovrebbe essere fatta come il prologo obbligatorio di ogni assemblea decisionale sul nostro futuro e poi, dopo il racconto del Vajont per un po’ sarebbe più difficile per chiunque aprire bocca senza collegare tra loro cuore e cervello… ma solo per un po’, poi l’effetto si dissolve.
Ai tempi dei social che raccontano e divorano tutto in tempo reale, il teatro e la letteratura che funzione ricoprono o dovrebbero ricoprire?
Il 9 ottobre prossimo in più di 100 teatri (molti di più in realtà) in contemporanea centinaia di artisti e cittadini comuni parteciperanno ad una lettura corale dal titolo VajontS 23. La base comune di partenza sarà il testo del ‘97 del racconto del Vajont, ma diviso organizzato come partitura a più voci. Quasi tutte le regioni d’Italia saranno rappresentate.
Per realizzare il progetto abbiamo costruito una rete di scopo che mette insieme categorie e artisti di ogni livello del mondo dello spettacolo. La risposta ha superato ogni attesa.
Quale sarà la funzione del teatro nella grande partita della transizione ecologica?
Quale ruolo potrà avere nel costruire cittadinanza e accesso?
Non lo so, ma senza prove non si fa teatro, senza ricerca non si trova, senza rete nessuno può fare molto.
Il 9 ottobre di quest’anno VajontS 23 per noi non sarà un evento, un punto di arrivo, ma un inizio di qualcosa che finora non si era nemmeno immaginato.
A Certaldo riceverà il premio Boccaccio per l’Etica della comunicazione. Per lei quando la comunicazione perde la sua etica?
Etica è una parola che non esiste in dialetto, diceva Meneghello, una parola difficile da spiegare che solo i professori o le categorie professionali usano, una parola più facile da scrivere e leggere, che dire senza sentire odore di retorica.
L’etica non è un parafulmine, non genera lo stesso entusiasmo di altre sue sorelle, etica fa quasi rima con predica, la comunicazione che predica non rende giustizia all’etica.
L’unica etica che conta non è quella ideale ma quella efficace.
Apriamo pure il dibattito…
Certaldo, lì 12 Settembre 2023