Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio 

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Botteri: “Boccaccio? Ha anticipato il nostro presente e raccontato il tentativo disperato di negare quello che stava accadendo con la peste”

La vincitrice dell’edizione 2020 per il giornalismo a Certaldo domani 11 settembre

 

La peste di Firenze del 1348 raccontata da Boccaccio e il Covid 19 della cinese Wuhan del 2020. In qualche modo Boccaccio ha preannunciato il nostro presente, ha raccontato quel tentativo disperato di negare quello che stava accadendo, quella sorta di camminata verso la morte, la spensieratezza prima di cadere nel baratro, le barriere tra ricchi e poveri, l’ingiustizia sociale, la condanna a morte di chi si trova ai livelli più bassi della società, raccontando anche la brutalità, la durezza, la disumanità, a tal punto da chiedersi se oggi sia effettivamente passata o ci sia ancora”.

A dirlo ai microfoni di Radio Toscana, questa mattina 10 settembre, è Giovanna Botteri, in attesa di ricevere domani 11 settembre, al Teatro Cinema Boccaccio di Certaldo, il prestigioso riconoscimento “Boccaccio 2020”, per la sua lunga e appassionata carriera giornalistica.

Botteri è, infatti, una dei tre premiati della trentanovesima edizione del Premio letterario Giovanni Boccaccio, promosso e organizzato da quasi quarant’anni dall’omonima associazione, presieduta da Simona Dei. Insieme a lei, unica vincitrice per la sezione giornalismo, vi sono Ermanno Cavazzoni (narrativa italiana) e Fernando Aramburu (narrativa internazionale).

Triestina con un dottorato in Storia del cinema alla Sorbonne di Parigi, ha intrapreso giovanissima la carriera giornalistica fino a diventare inviata speciale, seguendo numerosi e importanti avvenimenti internazionali: nel 1991 il crollo dell’Unione Sovietica e l’inizio della guerra d’indipendenza in Croazia, dal 1992 al 1996 la guerra in Bosnia e l’assedio a Sarajevo dove, assieme a Miran Hrovatin, ha filmato l’incendio della Biblioteca Nazionale, la strage del pane, il massacro di Markale e il massacro di Srebrenica. E’ stata in Algeria, Sudafrica, Iran, Albania, Kosovo, Afghanistan, Iraq prima e durante la seconda Guerra del Golfo. Ha seguito le ispezioni ONU alle prigioni e, assieme a Guido Cravero, ha filmato in esclusiva mondiale sia l’inizio dei bombardamenti su Baghdad il 20 marzo 2003, sia l’arrivo dei carri armati statunitensi il 9 aprile. Dopo la conduzione dell’edizione delle 19 del TG3, è stata corrispondente dagli Stati Uniti. Dal primo agosto 2019 è corrispondente Rai in Cina, occupandosi più recentemente della pandemia del Coronavirus.

A Radio Toscana ha parlato di sé, della sua carriera e dei progetti futuri, in un’intervista che riportiamo di seguito, frutto di una collaborazione con l’emittente radiofonica, da quest’anno più che mai vicina al Premio.

Le donne nel giornalismo: discriminazioni, pari opportunità o vantaggi? La mia prima esperienza come corrispondente di guerra ha avuto inizio nella ex Jugoslavia. Il mio direttore di allora, Sandro Curzi, mi mandò proprio lì, perché ero una ragazza di confine, di Trieste. Una parte della mia famiglia veniva dalla Serbia, dal Montenegro. Di allora ricordo quei lunghi giorni di assedio, nel cuore di Sarajevo. Le donne erano davvero pochissime, c’era una tradizione di grandi corrispondenti di guerra, da Augusto Corradi a Luigi Barzini, da Bernardo Valli a Ettore Mo. Fino a quel momento c’erano state pochissime giornaliste. C’era stata qualche donna che aveva provato e che era rimasta nella leggenda come Oriana Fallaci. Si contavano sulla punta delle dita, soprattutto quelle con i bambini. E questo accadeva in tutto il mondo.

Come conciliare la carriera con la vita privata? Ho sempre pensato che nel nostro lavoro, che è molto semplice, ossia quello di storyteller, di raccontatori di storie, di tragedie, di vite, di speranze, di sogni e di dolore, fosse impensabile e impossibile distinguere quello che era, non dico la tua carriera, ma il mestiere della tua vita dalle tue sensibilità. Il racconto è quello che scaturisce dall’incontro che fai con un mondo diverso, con persone differenti, da quel terreno comune con l’altro che scopri anche inaspettatamente. In questo senso credo che sia importante tutto quello che del mio lavoro ho portato nella mia vita familiare e quello che della mia vita familiare sono riuscita a portare nel mio lavoro.

Quali progetti ancora da realizzare ha nel cassetto? Sono tantissime le cose che vorrei ancora realizzare e che ho ancora voglia di fare come, per esempio, girare il mondo. Dopo tanta America, dopo l’Asia e il Medio Oriente mi piacerebbe riavvicinarmi a casa. Mi piacerebbe raccontare un po’ l’Europa e cercare di costruire un ponte con le nuove generazioni, perché il nostro lavoro, le nostre esperienze e anche le nostre sconfitte, le nostre umiliazioni, le nostre vittorie, non vadano sprecate, ma possano essere una sorta di testimone da passare.

 


Certaldo, lì 10 Settembre 2020